Il 24 aprile scorso, Nissan ha emesso un nuovo profit warning, segnalando una perdita annuale di 5,3 miliardi di dollari per l’anno fiscale appena concluso. Il dato è quasi dieci volte peggiore rispetto alla precedente stima di febbraio e segue un crollo degli utili del 90% nei primi nove mesi del 2024, accompagnato da un piano di 9.000 licenziamenti globali.
A guidare la riorganizzazione è stato chiamato Ivan Espinosa, nuovo amministratore delegato in carica dal 1° aprile. La scelta segna un ritorno alla guida di un dirigente con esperienze internazionali: Espinosa è messicano, 46 anni, ed è in Nissan da oltre due decenni.
Il suo incarico arriva in un contesto di forte instabilità, che richiama alla mente la drammatica crisi del 1999, risolta allora da Carlos Ghosn con l’intervento dell’Alliance Renault-Nissan.
Un’eredità pesante e un equilibrio fragile

La situazione attuale è complessa. Il nuovo CEO ha dovuto subito affrontare un flusso di cassa negativo per il comparto automotive pari a 3,5 miliardi di dollari nel solo terzo trimestre. La causa ufficiale indicata da Nissan riguarda l’aumento dei costi del piano di rilancio, ma il comunicato menziona anche “altri fattori” – un riferimento implicito ai danni derivanti dalla nuova politica commerciale degli Stati Uniti sotto la presidenza Trump, tra cui blocchi alle esportazioni dalla Cina e aumento dei dazi.
Un dirigente della società, rimasto anonimo, aveva dichiarato al Financial Times che Nissan avrebbe avuto “tra i 12 e i 14 mesi per sopravvivere”, a conferma della delicatezza del momento. Nel frattempo, una possibile fusione con Honda, ipotizzata nei mesi scorsi, è stata interrotta proprio per divergenze di governance.
Il ritorno del “modello Ghosn”

La nomina di Espinosa rappresenta una discontinuità rispetto alla gestione interamente giapponese che ha seguito l’estromissione di Ghosn nel 2018. Il nuovo CEO ha già modificato la prima linea dirigenziale, riducendo la presenza di manager locali e rafforzando il ruolo di figure internazionali come Guillaume Cartier e Jeremy Papin, entrambi vicini all’ex leader dell’Alleanza.
Espinosa conosce a fondo l’azienda e ha lavorato in diversi mercati, incluso il Giappone. È considerato un dirigente pragmatico, con un approccio operativo incentrato sulla riduzione dei costi di sviluppo e sul rilancio dell’offerta commerciale, in particolare nei segmenti chiave come gli Stati Uniti, dove la redditività di Nissan resta vitale ma esposta alle tensioni commerciali.
Prospettive e segnali di rottura col passato recente
Il nuovo corso potrebbe anche riaprire la porta a collaborazioni strategiche: secondo fonti industriali, il dialogo con Honda potrebbe riprendere, a patto che la governance venga rinegoziata. Espinosa non ha ancora rilasciato dichiarazioni pubbliche dettagliate sul piano industriale, ma ha già indicato le priorità: aumentare la competitività dei prodotti e ridurre le inefficienze produttive.
In questo contesto, la progressiva erosione del contributo Nissan a Renault – passato da 1,5 miliardi di euro annui a soli 211 milioni nel 2024 – è solo uno degli indicatori di un rapporto sempre più squilibrato all’interno dell’Alleanza.
Intanto, Carlos Ghosn, oggi in Libano, è tornato a criticare pubblicamente la casa madre, ma non ha commentato la nomina di Espinosa, un silenzio che alimenta letture contrastanti all’interno dell’ambiente industriale.