Le mascherine usate possono essere riciclate per le batterie delle auto

Mario Roth
01/02/2022

Le mascherine usate possono essere riciclate per le batterie delle auto
mascherine covid auto

Alcuni scienziati hanno dimostrato un nuovo metodo per riciclare le mascherine usate, impiegandole per produrre batterie a basso costo, flessibili ed efficienti. Una notizia decisamente interessante, considerando che a causa del coronavirus si stima che siano state utilizzate fino a 129 miliardi di mascherine al mese, e questo solo considerando le prime fasi della pandemia.

Era già nota la possibilità di utilizzarle riciclandole nei materiali stradali ma ora uno studio pubblicato sul Journal of Energy Storage rivela che, trattate opportunamente, le mascherine possono diventare batterie. Vediamo come.

In primo luogo, i ricercatori hanno ovviamente disinfettato le mascherine utilizzando gli ultrasuoni, poi le hanno immerse in un liquido al grafene. Successivamente, le mascherine vengono compresse e riscaldate a 140 °C, formando un materiale conduttivo che funziona proprio come gli elettrodi di una batteria. I “pellet”, così vengono chiamati, sono separati da uno strato isolante realizzato anch’esso dalle vecchie mascherine. Il tutto viene immerso in un elettrolita e infine coperto da un guscio protettivo, prodotto da un altro tipo di rifiuto medico, in questo caso i blister dei farmaci.

Il processo pare che sia particolarmente efficace. Gli scienziati sostengono di aver raggiunto una densità energetica di 99,7 watt-ora per chilogrammo (Wh/kg). Un dato vicino a quello delle batteria agli ioni di litio, che varia tra 100 e 265 Wh/kg.

I ricercatori hanno migliorato ulteriormente la batteria aggiungendo nanoparticelle di perovskite di ossido di calcio-cobalto agli elettrodi. Questo ha più che raddoppiato la densità di energia, portandola a un rispettabile 208 Wh/kg. La versione più performante della batteria ha mantenuto l’82% della sua capacità dopo 1.500 cicli, e potrebbe fornire energia per più di 10 ore con una tensione fino a 0,54 V. Al momento si tratta ovviamente di un esperimento, ma che fa ben sperare per utilizzi più gravosi, come sugli scooter elettrici e sulle auto elettriche.

L’uso di prodotti di scarto significa materie prime a basso costo, con tutto quello che ne consegue. Le batterie ottenute con questo processo si rivelano sottili e flessibili e, se necessario, anche in versione monouso. In questo caso, sarebbe tutto da inventare un ulteriore sistema di recupero.

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