Al Car Design Event di Monaco di Baviera, abbiamo avuto la possibilità di parlare con Mattia Gessi, body e interior manager di Pagani Automobili, nel video realizzato insieme al nostro amico Bruce Garage. E parlare proprio della Utopia significa raccontare qualcosa che va oltre la tecnica e la meccanica.
Non costruiamo auto per spostarsi, ma per emozionare
Il tono non è promozionale, ma autentico. Gessi lavora da quattordici anni nell’azienda fondata da Horacio Pagani e descrive il processo creativo come un’esperienza collettiva, appassionata, artistica.
“È un atelier, non una fabbrica”

Pagani non è un’industria nel senso tradizionale. Gessi lo spiega con chiarezza:
Per noi è un atelier. Non produciamo semplici vetture, ma oggetti che devono suscitare un coinvolgimento profondo.
Ogni singolo dettaglio della Utopia, racconta, è frutto di una ricerca estetica e funzionale che non accetta scorciatoie. Il faro anteriore, ad esempio, è lavorato dal pieno, con strati concentrici distanziati da una griglia interna, pensati per diffondere la luce come una turbina.
Volevamo che ogni elemento avesse un senso e un impatto
L’automobile che parla

Lo scarico è la voce dell’auto
dice Gessi, che descrive questo elemento non solo come un componente tecnico, ma come un simbolo dell’identità di ogni Pagani.
Racconta anche un aneddoto: Horacio Pagani, tempo fa, riconobbe l’armonia estetica di una cassa stereo giapponese degli anni Ottanta e la trasformò in ispirazione per lo scarico della Zonda. Un dettaglio che oggi è parte del linguaggio visivo del marchio.
Personalizzazione come principio

La Utopia è prodotta in appena 100 esemplari, ognuno costruito su misura per il cliente. Il prototipo numero 8 è stato il primo ad aprire la linea produttiva.
Ogni vettura è un pezzo unico, le combinazioni di configurazione sono infinite
Nulla è lasciato al caso: dalla disposizione dei materiali all’abbinamento cromatico, fino alla posizione di ogni cucitura.
Il valore dei materiali e del lavoro manuale

Dietro ogni elemento della Utopia c’è una lavorazione manuale precisa.
Ho visto posare ogni singolo foglio di carbonio a mano.
Anche gli accessori sono concepiti in casa e poi sviluppati insieme a partner selezionati. Un esempio sono i beauty case: realizzati con pelli trattate per resistere fino a 120 gradi, rinforzati con carbonio per garantire leggerezza e rigidità. E con orgoglio dice:
Li abbiamo spinti a lavorare al nostro livello.
Ma qual è il dettaglio a cui è più affezionato? La risposta è chiara:
Lo specchio retrovisore. È un oggetto che divide, ma che diventa iconico. All’inizio può sembrare strano, ma poi diventa parte integrante dell’auto.
L’idea è quella di sorprendere, senza mai ripetersi. Ogni elemento, anche il più piccolo, è progettato per lasciare un’impressione.
Il ritorno del cambio manuale

Uno degli aspetti più discussi della Utopia è il ritorno al cambio manuale. Una scelta audace in un mercato dominato dall’automatizzazione.
Il 70-80% dei clienti lo ha scelto. Volevano riscoprire il piacere meccanico del cambio, il click della leva, la sensazione fisica del comando.
L’intera filosofia dell’auto ruota intorno a questo concetto: restituire autenticità all’esperienza di guida.
L’Utopia si ispira alle gran turismo degli anni ’50 e ’60, ma guarda avanti. L’artigianalità non è nostalgia, ma una scelta consapevole. Ogni elemento racconta una storia, una cultura del fare che si tramanda nei laboratori di Modena, dove tecnologia e mano d’opera si incontrano ogni giorno.