Grandi gru portuari con container in un terminal ferrovario industriale al tramonto, atmosfera industriale, logistica e trasporto merci a portata di mano.

Come l’industria cinese è finita nella trappola della sovraccapacità: produzione, prezzi, profitto e aziende in crisi

La sovraccapacità produttiva sta mettendo in crisi l’industria cinese: eccesso di offerta, margini ridotti e guerra dei prezzi minacciano la stabilità del settore manifatturiero.

Le aziende cinesi si trovano in un ciclo che dove sovraccapacità, concorrenza interna estrema portano a margini di profitto sempre più ridotti. Dalle auto elettriche ai pannelli solari, Pechino si confronta con un sistema produttivo che non riesce a fermarsi, anche quando il mercato è saturo, con conseguenze potenzialmente catastrofiche.

Vediamo allora le risposte alle domande chiave per comprendere perché la seconda economia mondiale non riesce a correggere il proprio modello industriale.

Perché la Cina produce più di quanto riesca a vendere?

Il modello economico cinese incentiva la quantità di produzione più che l’efficienza. I governi locali ricevono risorse fiscali in base ai beni prodotti sul territorio, non a quelli venduti. Questo sistema spinge a sostenere anche le imprese in perdita, pur di mantenere attive fabbriche e occupazione, creando un eccesso strutturale di offerta.

Qual è il ruolo del Partito Comunista nella sovraccapacità?

Il sistema di promozione interna del Partito Comunista Cinese premia i funzionari locali che mostrano crescita economica e incremento della produzione. Ne deriva una corsa alla costruzione di nuovi impianti, anche quando non necessari. Le imprese “zombie” continuano a operare solo per mantenere occupazione e gettito fiscale, aggravando la distorsione del mercato.

Come incide il sistema finanziario cinese?

Le banche statali preferiscono concedere credito a progetti con garanzie fisiche e approvazione governativa. Questo limita i finanziamenti per innovazione, ricerca e sviluppo, rafforzando la dipendenza da investimenti materiali. La conseguenza è una duplicazione inefficiente di capacità produttiva e una redditività sempre più fragile.

In quali settori è più evidente la sovraccapacità?

Auto elettriche, pannelli solari e batterie sono i casi più emblematici. Le imprese competono riducendo i prezzi fino a erodere completamente i margini. La guerra dei listini in Cina ha ridotto i profitti medi del comparto auto dal 5 % nel 2023 al 4,4 % nel 2024, spingendo molte aziende sotto la soglia di sostenibilità.

Perché la guerra dei prezzi continua nonostante i richiami del governo?

Le autorità centrali hanno chiesto alle case automobilistiche di porre fine alla guerra dei prezzi, ma la competizione si è spostata su forme indirette: sussidi assicurativi, finanziamenti agevolati e incentivi locali. Gli enti regionali, per difendere l’occupazione, sostengono marchi in difficoltà, mantenendo viva una concorrenza che distrugge valore.

Che conseguenze ha questo modello sulla redditività delle aziende?

La corsa alla produzione spinge le aziende cinesi in un ciclo di bassi profitti e scarsi reinvestimenti. I margini ridotti limitano le spese in innovazione e sviluppo, rallentando la crescita tecnologica. Ciò indebolisce anche la domanda interna, perché salari e occupazione restano stagnanti.

Gli investimenti stranieri stanno fuggendo dalla Cina?

Sì. Gli investimenti esteri diretti sono crollati da 67 miliardi di dollari nel 2021 a 19 miliardi nel 2023. La stretta normativa su aziende private e tecnologiche, come il blocco dell’IPO di Ant Group nel 2020, ha reso gli investitori più cauti. Il capitale di rischio si è ritirato, privando le imprese cinesi di una fonte cruciale di liquidità.

Come reagisce Pechino al calo di investimenti privati?

Il governo ha lanciato fondi d’investimento statali per sostenere i settori in difficoltà. Tuttavia, i funzionari pubblici che li gestiscono tendono a evitare rischi per timore di sanzioni o accuse di cattiva gestione. Prudenza che riduce l’efficacia dei fondi e perpetua l’inerzia produttiva.

Quali sono le prospettive per i marchi cinesi nei prossimi anni?

Secondo AlixPartners, solo 15 dei 129 marchi automobilistici cinesi attivi oggi sopravvivranno in modo sostenibile entro il 2030. I grandi gruppi come BYD e Li Auto potrebbero consolidare il mercato, ma molte aziende minori resteranno dipendenti da aiuti locali e credito statale, senza reale competitività globale.

Perché la Cina registra tassi di utilizzo della capacità produttiva così bassi?

Molte industrie in Cina operano con un’attività produttiva ben al di sotto della capacità installata. Secondo analisi del Center for Strategic and International Studies, la Cina produce circa il 30 % dei beni manufatti a livello globale, ma consuma solo circa il 18 % del totale mondiale.
Il divario spiega parte dell’eccesso strutturale: l’offerta supera sistematicamente la domanda interna e internazionale, producendo sovraccapacità e calo del tasso di utilizzo dei macchinari.

Quali settori mostrano segnali più evidenti di sovraccapacità in Cina?

Analisi recenti indicano che settori come acciaio, cemento, automotive elettrico, pannelli solari e chimica sono quelli più colpiti dalla sovraccapacità. Ad esempio, uno studio di Roland Berger descrive la chimica cinese come caratterizzata da surplus produttivo su scala globale e durata strutturale dell’eccesso. Si tratta di un fenomeno che rende difficile l’assorbimento della produzione e introduce pressione al ribasso sui prezzi.

In che modo l’eccesso produttivo cinese influenza i mercati internazionali?

La sovraccapacità in Cina spinge le aziende a esportare prodotti in surplus, spesso a prezzi ridotti, creando concorrenza sui mercati esteri e generando tensioni commerciali. Uno studio della Brookings Institution sottolinea come questo fenomeno possa influenzare catene globali del valore e rapporti commerciali. In altre parole, la produzione cinese in eccesso ha impatti che vanno oltre i confini nazionali, modificando la struttura competitiva globale.

Quanto incidono i margini delle imprese cinesi nella dinamica della sovraccapacità?

Una stima di Capital Economics suggerisce che fino al 30 % delle imprese manifatturiere in Cina operano con perdite o margini molto ridotti, sostenute grazie a supporti locali e credito statale. Di fatto, viene limitata la capacità di tali aziende di reinvestire in innovazione o uscire dal mercato, alimentando così un circolo vizioso di sovraccapacità e stagnazione.

Esistono riforme in Cina per ridurre la sovraccapacità?

Sì. Tra le politiche strutturali c’è la cosiddetta “riforma dal lato dell’offerta” (供给侧结构性改革) che mira a tagliare capacità produttiva obsoleta, eliminare imprese zombie e dirigere risorse verso settori ad alto valore aggiunto.  C’è però da dire che, l’efficacia è limitata da incentivi contraddittori offerti dai governi locali e dalla difficoltà di attuazione su scala nazionale.

Che cosa serve per superare la trappola della sovraccapacità?

Per evitare un collasso strutturale, la Cina deve riformare il sistema di incentivi fiscali e finanziari, favorendo l’innovazione anziché la quantità. Senza una revisione profonda, la crescita resterà frenata da margini bassi, domanda debole e aziende sostenute artificialmente.

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