C’è un momento, quando chiudi la portiera e il mondo resta fuori, in cui tutto cambia. Non hai ancora acceso il motore, non hai sfiorato il volante. Ma senti che l’auto non è più un oggetto: è uno spazio. Una stanza. Una promessa di isolamento e ascolto. E allora premi “play”.
Per Mazda, tutto questo non è magia, ma ingegneria acustica. Ed è un campo in cui, da Hiroshima, si lavora con la dedizione di chi scolpisce strumenti musicali, non solo automobili. A guidare questa visione è Hajime Wakamatsu, ingegnere audio che ha sviluppato, insieme al suo team, il progetto Mazda Harmonic Acoustics. E il risultato, per chi ha avuto modo di ascoltarlo davvero, è qualcosa di inaspettato.
L’arte dell’ascolto

Già, ma come possiamo “misurare” la bontà di un impianto audio? Ad “Armonie Mazda” abbiamo provato l’esperienza di una sala d’ascolto. No, non una concessionaria, e neanche una sala riunioni. Una vera sala, con impianto hi-fi, sedute in fila e silenzio assoluto. A guidare l’esperienza è Igor Fiorini, compositore, flautista, sound engineer, sound producer e divulgatore, che presenta una selezione di brani pensata per rivelare l’audio. Per insegnare ad ascoltare.
Ci sono bassi profondi, voci sussurrate, fiati ruvidi e archi trasparenti. Brani che riempiono l’aria come una nebbia cristallina. Ogni suono ha un suo posto, un suo peso, una distanza. È una lezione emotiva e tecnica. Una palestra per l’orecchio.

Poi, il passaggio: stessa musica, stessa sequenza, ma dentro una Mazda CX-60, ferma, con il sistema Harmonic Acoustics attivo. Le porte si chiudono. Il mondo sparisce. E la musica torna. In uno spazio stretto, asimmetrico, complesso. E lì, la sorpresa. Perché l’equilibrio regge. La scena sonora si ricostruisce. La voce è lì. I bassi non sbordano, gli alti non tagliano. Tutto è al suo posto.
La precisione dietro l’emozione

Chiudi gli occhi e ascolti. Il contrabbasso è lì, davanti a te. Le dita scorrono sulle corde. Il fiato nel sax, il respiro prima di un verso. Ma perché suona così bene, dentro un’auto? La risposta è nascosta in anni di studio e migliaia di scelte invisibili.
Mazda non si è limitata a montare un impianto di qualità. Ha fatto qualcosa di diverso: ha costruito un sistema audio integrato nel telaio, nei materiali, nella filosofia della vettura. Il progetto Mazda Harmonic Acoustics nasce insieme all’auto, ne condivide le proporzioni e i volumi, e si modella su di essi come un archetto su un violino.

Prendiamo i woofer: non sono nelle portiere, ma nella paratia laterale anteriore, alloggiati in contenitori sigillati da 3 litri, disaccoppiati dalla carrozzeria. Così le vibrazioni non sporcano le basse frequenze, e il suono rimane asciutto, naturale, fisico.
I tweeter, invece, sono montati a filo con il montante A, inclinati verso l’interno dell’abitacolo, non verso chi ascolta. Una scelta controintuitiva? Solo in apparenza. Serve a creare una scena sonora stabile, in cui la voce resta al centro anche se ti muovi.

Il sistema è gestito da un amplificatore Mazda a 12 canali, privo di DSP invasivi. Nessun trucco, nessuna compressione forzata. La musica viene restituita con trasparenza, come se l’auto non volesse mai rubare la scena.
E poi c’è tutto il lavoro invisibile: materiali fonoassorbenti in portiere, tetto, pianale. Guarnizioni rinforzate. Vibrazioni meccaniche ridotte all’origine. Persino il rumore da rotolamento è controllato per non interferire. Non è solo questione di silenzio: è questione di purezza. Di non mettere niente tra te e il brano.
Wakamatsu con il suo team ha progettato questo sistema con lo stesso rigore con cui si accorda un’orchestra. Ogni dettaglio è lì per una ragione. Ogni scelta serve una cosa sola: non far sentire l’impianto. Far sentire la musica.
La memoria dell’ascolto

Quando esci dall’auto, dopo quell’ascolto, non hai nelle orecchie un effetto wow. Hai una presenza che ti manca. Come quando torni da un luogo dove tutto aveva senso, e ti accorgi che là fuori le cose suonano meno bene. Meno vere.
Mazda non ha costruito un impianto. Ha costruito una relazione tra spazio e suono. Tra corpo e musica. E lo ha fatto con la delicatezza dei grandi progettisti: quelli che non si notano, ma cambiano le cose. In silenzio. Come fanno solo gli strumenti ben accordati.