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Blocco stradale e ferroviario diventa reato: cosa prevede la nuova legge

La nuova legge trasforma in reato il blocco fisico di strade o ferrovie: fino a 2 anni di carcere per proteste di gruppo. Approvata dal Senato, divide maggioranza e opposizione.

Con l’approvazione definitiva del decreto Sicurezza n. 48 dell’11 aprile 2025, convertito in legge dal Senato il 4 giugno, cambiano le regole per chi protesta bloccando fisicamente la viabilità. Sedersi, sdraiarsi o comunque interporre il proprio corpo sulla carreggiata o sui binari ferroviari non è più un illecito amministrativo, ma un reato penale.

Una norma che incide direttamente su manifestazioni e azioni dimostrative, come quelle condotte dagli ecoattivisti negli ultimi anni. In particolare, i blocchi messi in atto da Ultima Generazione, divenuti noti per aver paralizzato il traffico in diverse città italiane, saranno ora perseguibili penalmente.

Fino al 10 aprile 2025, chi bloccava la circolazione con il proprio corpo era soggetto a una sanzione amministrativa: un’ammenda da 1.000 a 4.000 euro secondo il decreto sicurezza del 2018. Non era previsto l’arresto, né altre conseguenze penali.

Le nuove sanzioni penali

Con la conversione del decreto, chi da solo blocca strade o ferrovie rischia fino a un mese di reclusione o una multa fino a 300 euro. Ma se il gesto viene compiuto da più persone riunite, la pena sale sensibilmente: reclusione da sei mesi a due anni.

Pur non superando il limite dei cinque anni previsto per l’applicazione delle misure cautelari, l’introduzione della pena detentiva sposta il blocco fisico dal piano civile a quello penale, con un impatto rilevante per le future manifestazioni.

La norma colpisce anche la cosiddetta “resistenza passiva”: opporsi senza violenza, usando il proprio corpo come ostacolo. Una scelta che l’opposizione ha definito con toni polemici “norma anti Gandhi”.

Le aggravanti per le infrastrutture strategiche

Tra i punti più discussi del provvedimento, anche l’introduzione di aggravanti per le minacce o l’opposizione fisica nei confronti di opere pubbliche considerate strategiche. Il riferimento implicito è al movimento No Tav, ma anche al nascente fronte No Ponte sullo Stretto.

Secondo la maggioranza, queste misure sono necessarie per garantire l’ordine e la sicurezza pubblica. L’opposizione, invece, denuncia un arretramento sui diritti civili e sulla libertà di manifestazione, con una legge che, a loro dire, potrebbe essere usata per limitare il dissenso.