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Se l’auto elettrica diventa un lusso, non è più sostenibile

La transizione all’elettrico procede senza rete: auto inaccessibili, industria sotto pressione, cittadini esclusi. L’Europa sta perdendo la sua strada.

Ogni volta che provo un’auto elettrica, resto colpito dalla sua immediatezza. La coppia istantanea, il silenzio, la sensazione di fluidità. È un assaggio di futuro. Ma poi torno a casa, guardo i numeri, ascolto le persone, e mi rendo conto che quel futuro, oggi, non è per tutti.

La retorica della transizione ecologica dimentica spesso un punto essenziale: la sostenibilità non può essere solo ambientale, ma anche economica. Se oggi un’automobile nuova è fuori dalla portata di gran parte della popolazione, allora non è una soluzione: è una barriera.

Il parco circolante invecchia, non per scelta ma per necessità. Le citycar, un tempo simbolo di mobilità accessibile, sono sparite dal radar, soffocate da norme pensate per veicoli più grandi. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: si compra meno, si cambia meno. Non perché manchi la volontà, ma perché mancano i mezzi.

Nel frattempo, la Cina si muove veloce con modelli elettrici a basso costo, mentre l’industria automobilistica europea arranca, schiacciata da una normativa sempre più rigida e poco adattata alla realtà dei mercati.

Serve equilibrio, non estremismo. Serve una politica industriale che accompagni il cambiamento, senza trasformarlo in una corsa a ostacoli per cittadini ed imprese. Perché salvare il pianeta è fondamentale, ma senza una strada che possa essere percorsa da tutti, si rischia di rimanere fermi. O peggio, di restare indietro.