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Crisi auto in Germania: 55.000 posti persi tra Bosch, Continental, Ford e Volkswagen

L’industria automobilistica tedesca perde 55.000 posti in due anni. Bosch, Volkswagen, Audi e Ford tagliano personale a causa della transizione lenta verso l’elettrico.

Il cuore industriale della Germania sta vivendo uno dei momenti più delicati degli ultimi decenni. A causa del rallentamento della transizione verso la mobilità elettrica, dell’aumento dei costi di produzione e della crescente concorrenza cinese, oltre 55.000 posti di lavoro sono andati perduti nel settore automobilistico tedesco negli ultimi due anni. Una tendenza che potrebbe peggiorare nei prossimi cinque anni.

Bosch e Volkswagen al centro della ristrutturazione

Bosch, uno dei simboli della manifattura tedesca, ha annunciato la soppressione di 18.500 posti entro il 2030, di cui 13.000 già avviati. I tagli riguardano principalmente le divisioni legate alla mobilità, alla guida autonoma e alla componentistica tradizionale, come i sistemi diesel. Il piano coinvolge diversi impianti, soprattutto nella regione di Stoccarda, dove l’azienda è storicamente radicata.

Volkswagen prevede la cancellazione di 35.000 posti entro il 2030, attraverso una profonda ristrutturazione interna. La casa di Wolfsburg ha già ridotto la produzione in due stabilimenti dedicati alle auto elettriche, a causa della domanda inferiore alle previsioni. Anche i marchi del gruppo sono coinvolti: Audi taglierà 7.500 posti e Porsche 1.900, in seguito alla flessione nelle vendite dei modelli elettrici di alta gamma.

Anche Ford, è coinvolta in questo processo attraverso il suo stabilimento tedesco di Colonia, dedicato alla produzione di veicoli elettrici. A inizio agosto ha annunciato un nuovo taglio di 1.000 posizioni, che si aggiunge ai piani di riduzione più ampi in tutta Europa.

Ma non finisce qui, perchè accanto ai grandi marchi automobilistici, anche i principali fornitori di componenti sono costretti a ridurre il personale per mantenere la competitività. ZF Friedrichshafen ha in programma 14.000 tagli entro il 2028. Continental, uno dei principali produttori di pneumatici e sistemi elettronici, ha annunciato 10.150 licenziamenti, concentrati in parte nei centri R&D e con la chiusura di alcuni stabilimenti, tra cui quello in Assia. Schaeffler ridurrà il personale di 4.700 unità entro il 2029, la maggior parte in Germania.

Il totale degli esuberi già annunciati, secondo i dati raccolti dalla VDA (associazione tedesca dell’industria automobilistica), supera i 55.000 posti di lavoro persi. Il bilancio si aggrava se si considerano le proiezioni al 2030, con circa 100.000 posti complessivi a rischio.

Le cause della crisi: energia, salari, concorrenza

La crisi del settore non è solo ciclica. Le cause sono strutturali. In Germania, il costo del lavoro resta tra i più alti d’Europa, più del doppio rispetto a Slovacchia e Repubblica Ceca, secondo Eurostat. A questi si sommano le tariffe energetiche elevate, le incertezze legate alla transizione ecologica e l’effetto delle tensioni geopolitiche con la guerra Russia Ucraina, Stati Uniti e Cina.

La pressione arriva anche dal mercato. In Cina, produttori come BYD stanno guadagnando quote di mercato con modelli elettrici ben equipaggiati e accessibili, sottraendo margini alle case tedesche. Sul fronte americano, i nuovi dazi introdotti dall’amministrazione Trump colpiscono le esportazioni tedesche, rendendo meno competitivi i veicoli prodotti in Europa.

Tanti progetti una sola soluzione: “rottamare” il 2035.

Nonostante i fondi stanziati dal governo tedesco e i progetti come “Made for Germany”, finora non sono emerse soluzioni industriali in grado di assorbire la forza lavoro in esubero. I tentativi di riconversione di impianti automobilistici verso la produzione di tecnologie per la difesa sono ancora a uno stadio iniziale. Bosch ha aderito all’iniziativa, ma i risultati concreti tardano ad arrivare.

Secondo Monika Schnitzer, presidente del Consiglio dei saggi economici tedeschi, la Germania dovrebbe investire urgentemente in programmi di riqualificazione professionale, per permettere ai lavoratori del comparto auto di trasferirsi in settori a più alto potenziale di crescita, come energia, digitale e aerospazio.

Le parole della ministra per l’Economia del Baden-Württemberg, Nicole Hoffmeister-Kraut, sintetizzano il sentimento di allarme che attraversa il sud industriale della Germania:

“Bisogna ripensare subito le scelte politiche e abbandonare il calendario del 2035 per l’addio ai motori termici”.

Eppure era stata la Germania a trainare la scelta della UE per passare all’elettrico, così come tutta tedesca e completamente insensata la scelta di spegnere le centrali nucleari, proprio quando era ovvia una richiesta maggiore di energia elettrica. I nodi sono arrivati al pettine, a farne le spese come sempre sono i lavoratori.

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