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L’Aja vieta la pubblicità dei combustibili fossili quando il porto di Rotterdam è uno dei principali centri di distribuzione di carburanti in Europa

L'Aja vieta la pubblicità di prodotti derivati dalle fonti fossili, mentre il vicino porto di Rotterdam continua a essere uno dei maggiori centri di distribuzione e stoccaggio di carburanti in Europa.

Si chiama greenwashing, ed è la pratica di darsi un tono compatibile con l’ambiente, tramite operazioni di facciata per lo più inutili. E’ quando sta accadendo in questi giorni in Olanda, dove L’Aja ha fatto scalpore diventando la prima città al mondo a vietare la pubblicità di prodotti derivati dalle fonti fossili come benzina, diesel, ma anche servizi ad alte emissioni come voli aerei e crociere. E tutti a correre dietro alla fantastica notizia che dovrebbe mettere un punto a capo alla questione ambientale.

Si perchè ovviamente la decisione, adottata ufficialmente, è stata salutata come un passo importante nella lotta contro il cambiamento climatico. Tuttavia, l’iniziativa della città olandese, che vuole diventare climaticamente neutrale entro il 2030, nasconde una contraddizione evidente: a soli 30 chilometri di distanza, il porto di Rotterdam continua a essere uno dei più grandi centri di traffico marittimo e di distribuzione di carburanti in Europa. Mica male, vero?

La decisione di L’Aja: vietare le pubblicità

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Image: Yayimages

Per dare un pizzico in più di assurdo in questa faccenda per lo più imbarazzante, c’è da aggiungere  che il bando della pubblicità sui combustibili fossili, secondo gli autori è una risposta diretta all’appello delle Nazioni Unite contro il greenwashing. Ebbene si…

La proposta è stata avanzata dal Partito per gli Animali, una formazione politica che punta a politiche più aggressive contro il cambiamento climatico. Leonie Gerritsen, esponente del partito, ha dichiarato:

Non è appropriato pubblicizzare prodotti dell’industria dei combustibili fossili in una città che vuole essere neutrale dal punto di vista climatico entro il 2030

L’iniziativa ha raccolto il plauso degli ambientalisti, ma a nessuno di quelli che hanno riportato la notizia è venuto in mente di andare a vedere cosa accade a pochi chilometri di distanza.

Il paradosso del porto di Rotterdam

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Image: Yayimages

Il porto di Rotterdam, fino a qualche anno fa il più grande del mondo, ed oggi comunque il più grande d’Europa, è il simbolo dell’ipocrisia olandese. Da una parte abbiamo L’Aja che vuole dipingersi come un esempio di virtù ambientale. Dall’altra abbiamo il traffico marittimo che passa attraverso Rotterdam, che resta una fonte enorme di emissioni inquinanti.

Pariamo di numeri: il porto accoglie oltre 32.000 navi oceaniche e 87.000 da tratte più brevi ogni anno, movimentando enormi quantità di carburanti. Non solo, ospita i depositi di carburante più grandi dell’Unione Europea, contribuendo alla logistica del commercio globale di fonti fossili.

Quindi, ricapitolando, L’Aja vieta la pubblicità di benzina e gas, dall’altro, mentre a Rotterdam, il commercio di carburanti continua a generare centinaia di milioni di euro ogni anno. Da notare quindi che il porto non solo è fondamentale per l’economia olandese, ma è anche un “colosso” delle emissioni di CO2, un dettaglio che la politica locale, ma soprattutto i media, sembrano ignorare.

L’apparenza contro la realtà

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Image: Unlimphotos

Uwe Krüger, coordinatore della ricerca al Centro per il giornalismo e la democrazia all’Università di Lipsia, ha commentato:

Un volo intercontinentale, una crociera in mare o un SUV da soli possono consumare il nostro equo budget di CO2 pro capite per un anno intero. La pubblicità di prodotti ad alte emissioni tende ad aumentare le vendite risvegliando presunte esigenze nei consumatori. A un meta-livello culturale, normalizza anche il consumo di prodotti dannosi per l’ambiente, sebbene tutti noi abbiamo urgente bisogno di ridurre l’impronta di carbonio del nostro stile di vita per mantenere il riscaldamento globale entro limiti tollerabili.

Alla fine l’intervento de L’Aia si concentra solo sulla comunicazione al consumatore, ma ignora le radici profonde del problema. Soprattutto, non va a toccare questioni che riguardano l’economia nazionale olandese come il traffico marittimo e la movimentazione di carburanti che avviene a Rotterdam.

Se davvero si volesse agire in modo decisivo, una revisione delle attività portuali sarebbe inevitabile. Ma, con un fatturato che supera i 600 milioni di euro all’anno, fermare il traffico a Rotterdam sembra un’utopia.

 

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