Il salvataggio da 600 milioni di euro che ha permesso a KTM di evitare la liquidazione ha un nome preciso: Bajaj Auto, storico partner industriale indiano, già titolare del 49,9% del marchio. Il finanziamento, erogato a pochi giorni dalla scadenza fissata per il 23 maggio, rappresenta la fase decisiva del piano di ristrutturazione del debito.
Secondo fonti finanziarie, i fondi derivano da prestiti non garantiti raccolti dalla divisione europea di Bajaj tramite JPMorgan, DBS e Citigroup, per un valore complessivo di 566 milioni di euro. Il resto è stato integrato con risorse già presenti e un precedente versamento da 200 milioni effettuato a marzo, sempre da Bajaj.
La situazione attuale: creditori soddisfatti, tribunale in attesa
Il versamento dei 600 milioni consente a KTM di pagare il 30% delle somme dovute ai creditori, evitando così il fallimento delle sue tre società operative. La restante parte del debito – circa 70% del totale pari a 2,2 miliardi di euro – sarà azzerata secondo quanto previsto dal piano di ristrutturazione.
Il passo successivo sarà il deposito formale dei fondi presso l’amministrazione straordinaria, dopodiché si attende l’omologazione del piano da parte del tribunale austriaco, prevista per l’inizio di giugno. A quel punto, KTM potrà uscire dallo stato di emergenza e tornare pienamente operativa sotto la nuova struttura finanziaria.
Cosa cambia per KTM
Grazie all’accordo, KTM conferma la permanenza della produzione nei siti di Mattighofen e Munderfing, in Austria. La continuità industriale è garantita, anche se la riorganizzazione ha già comportato oltre 1.850 esuberi e un ridimensionamento del magazzino. Parallelamente, è stata avviata la chiusura della divisione biciclette, e diversi modelli previsti per il 2025 non sono ancora arrivati nei concessionari.
«Abbiamo ora la possibilità di continuare la storia di KTM», ha dichiarato il CEO Gottfried Neumeister. «Questo nuovo inizio è possibile grazie a Bajaj e alla fiducia di chi ha collaborato con noi. Siamo determinati a costruire il futuro a partire dai nostri impianti in Austria».
Tutto bene quel che finisce bene, almeno secondo Neumeister. Nel frattempo c’è da risolvere un’altra grana, ovvero il maxi richiamo di 23.000 moto in Nord America.