Gli atti di inciviltà legati all’abbandono dei rifiuti sono oggetto di un attento intervento legislativo. Il recente Decreto‑Legge 116/2025, entrato in vigore l’8 agosto, e novità introdotte già nell’ottobre 2023, hanno reso le sanzioni più severe e ampie, introducendo strumenti tecnologici per incastrare chi inquina l’ambiente e minaccia il decoro urbano.
Vediamo quali sono i comportamenti sanzionati, gli importi delle sanzioni e gli aspetti penali.
Abbandonare o gettare rifiuti in modo improprio, su suolo pubblico o privato, è vietato e può comportare sanzioni sia amministrative sia penali. La normativa distingue tra rifiuti urbani, rifiuti speciali e pericolosi, e stabilisce conseguenze diverse in base al contesto e alla gravità dell’azione. Anche i piccoli gesti quotidiani, come lasciare una bottiglietta o un sacchetto in strada, sono puniti dalla legge.
Chi abbandona o deposita rifiuti, inclusi quelli nelle acque o nel suolo, rischia sanzioni molto elevate: si va da 1.500 a 18.000 €, contro il precedente intervallo tra 105 e 620 €. Si tratta di un aumento notevole pensato come deterrente efficace.
Sì, le nuove regole includono anche sanzioni per il cosiddetto littering, ovvero l’abbandono di piccoli rifiuti come mozziconi, fazzoletti, bottigliette o gomme da masticare. Per queste infrazioni (più frequenti ma non meno incivili) è prevista una sanzione amministrativa che arriva fino a 1.188 €.
L’abbandono di rifiuti dall’auto attiva meccanismi particolarmente severi: oltre alle multe fino a 18 000 €, può comportare sospensione della patente fino a 4 mesi e, in casi gravi, persino l’arresto.
Le immagini registrate da telecamere pubbliche e private possono essere utilizzate come prova per risalire al responsabile dell’abbandono. Se la targa del mezzo è ben visibile e il gesto è chiaramente documentato, l’autorità può sanzionare anche in assenza di un fermo diretto. I Comuni stanno intensificando gli investimenti su sistemi intelligenti e telecamere con rilevamento automatico, proprio per rendere i controlli più efficaci.
Quando l’abbandono avviene in aree naturali protette, corsi d’acqua, zone contaminate o comunque soggette a tutela ambientale, il rischio di reato penale aumenta. Le pene possono includere la reclusione da sei mesi fino a cinque anni e mezzo, con aggravanti se i materiali abbandonati sono pericolosi o tossici. Nei casi più estremi si può arrivare anche a sette anni di carcere.
Quando il responsabile dell’abbandono è legato a un’attività professionale, gli importi si fanno ancora più elevati: la multa può oscillare tra 6 000 e 9 000 €, con un massimo che può arrivare fino a 27 000 €. In questi casi il reato può comportare anche l’arresto da sei mesi a due anni, la sospensione della patente, e in casi gravi, reclusione da 2 anni e mezzo a sei anni e mezzo, insieme al sequestro del mezzo.
Le conseguenze diventano ancora più severe quando l’abbandono riguarda zone protette, corsi d’acqua, aree già contaminate o mette in pericolo la salute. In tali casi la reclusione può estendersi da 6 mesi fino a 5 anni e mezzo, o persino 7 anni nei casi più gravi. Se si tratta di rifiuti pericolosi, la pena può salire da 1 a 5 anni, oppure fino a 6 anni e più, qualora si verifichi un concreto pericolo per persone o ambiente.
Se il responsabile è un minorenne, la responsabilità civile ricade sui genitori o sui tutori legali. Sono loro a dover pagare le sanzioni e, se previsto, a rispondere anche in sede civile. Molti Comuni italiani stanno avviando campagne educative nelle scuole e forme di coinvolgimento dei più giovani per prevenire questi comportamenti attraverso consapevolezza e responsabilità.
Qualunque cittadino può segnalare un episodio di abbandono alla polizia locale, al Comune o ai Carabinieri Forestali. In molte città esistono anche app ufficiali per inviare foto e indicazioni precise sul luogo e sull’orario. Le segnalazioni vengono valutate dalle autorità che possono avviare indagini, identificare il responsabile e comminare le sanzioni previste. Collaborare è un atto di civiltà che aiuta a migliorare l’ambiente di tutti.
I numeri confermano che il fenomeno persiste ma che l’azione è incisiva. Nella sola provincia autonoma del Trentino, tra il 2024 e i primi mesi del 2025, sono state accertate 75 violazioni penali e 80 sanzioni amministrative, per un totale superiore a 337 000 € di multe. Si tratta di cifre che riflettono una lotta costante a un fenomeno troppo spesso sottovalutato.
Chi riceve una sanzione può presentare ricorso al Prefetto entro 60 giorni o al Giudice di Pace entro 30 giorni. È importante documentare la propria posizione con prove valide, come ricevute, testimonianze o elementi che dimostrino l’estraneità ai fatti. In alcuni casi, se si dimostra la volontà di rimediare o di collaborare, è possibile ottenere una riduzione della sanzione o una soluzione alternativa.


