La Francia ha deciso di rivedere in modo radicale i criteri per l’assegnazione del bonus ecologico, gli incentivi statali per l’acquisto di auto elettriche. Il decreto ministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale introduce una nuova metodologia per calcolare il punteggio ambientale, criterio cardine del sistema incentivante. La novità principale riguarda la definizione del luogo di produzione del veicolo: d’ora in poi sarà considerato il “sito di fabbricazione” invece del “sito di assemblaggio“.
Questo cambiamento mira a limitare il ricorso ai kit di assemblaggio, che permettevano di aggirare i requisiti fissati in precedenza. Ad esempio, l’auto elettrica Leapmotor T03, prodotta in Polonia con questa metodologia, non potrà più beneficiare degli incentivi statali.
Ma non c’è solo la Leapmotor di Stellantis, perchè la decisione penalizza anche altre aziende che avevano intenzione di utilizzare la stessa strategia. La casa automobilistica cinese Chery, ad esempio, aveva pianificato di produrre automobili a Barcellona sfruttando i kit fino nella ex fabbrica Nissan.
Il nuovo calcolo del punteggio ambientale

L’agenzia Ademe, incaricata di valutare l’idoneità delle auto agli incentivi, utilizzerà ora una formula più complessa per calcolare le emissioni di CO2 lungo tutto il ciclo di vita del veicolo. Questa valutazione terrà conto non solo dei processi industriali, ma anche delle emissioni generate durante il trasporto. Il cambio di prospettiva è emblematico: l’obiettivo è promuovere una filiera produttiva completamente europea, penalizzando i modelli importati dall’Asia.
Anche se la normativa non nomina esplicitamente i produttori cinesi, il sistema è stato progettato per escluderli dagli incentivi. Un approccio che rispecchia la politica industriale voluta dal presidente francese Emmanuel Macron, che intende rafforzare la competitività delle aziende europee, ovviamente produzione francese in primis.
Il tutto nel silenzio più totale da parte della EU, che fa la voce grossa quando c’è da mettere divieti, ma che lascia ogni Paese completamente indipendente nel prendere decisioni che possono danneggiare gli altri. La scelta francese rischia di inasprire le tensioni con altri Paesi dell’Unione Europea come la Polonia, l’Ungheria o la Spagna, senza che ci sia stato un coordinamento a livello europeo.
Diventano così ancora più evidenti le divergenze all’interno dell’UE, dove ciascun governo cerca di fare gli interessi nazionali senza che da Bruxelles arrivi un piano di politica industriale condivisa.