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Concept car da sogno: le più belle ma poco conosciute

Concept car da sogno

[titolo_sezione]Concept car da sogno[/titolo_sezione]

Un’automobile è un prodotto dell’industrial design, ma prima di tutto è un prodotto industriale, e quindi deve seguire le normative imposte dalle istituzioni per quanto riguarda dimensioni, sicurezza ed emissioni, le tendenze del mercato, nonché i parametri del segmento in cui dovranno andare a competere. Le concept car da sogno, invece, sono tali sia per gli ammiratori sia per i designer perché consentono di buttare letteralmente questi parametri, dando sfogo a tutta la creatività degli sviluppatori e ponendo le basi stilistiche e tecnologiche per quelle che saranno le auto di serie del futuro a breve, medio e/o lungo termine di un dato marchio.

C’è da dire che ultimamente anche l’ambito delle concept car si è un po’ appiattito: una volta i modelli, progettati da grandissimi studi stilistici molti dei quali italiani ed esistenti ancora oggi, si sbizzarrivano in forme davvero avveniristiche, che ancora oggi paiono molto più moderne, nelle linee, rispetto a modelli recenti sul mercato. Molti dei concept presentati nell’ultimo periodo altro non sono che versioni già pronte alla produzione in serie, con qualche dettaglio estetico esagerato o in un materiale premium.

Tuttavia, qualcuno che ci tiene è rimasto, al punto da riuscire a creare modelli meritevoli di entrare in questa classifica.

[titolo_sezione]Volvo Venus Bilo[/titolo_sezione]

Concept car da sogno: Volvo Venus Bilo, il concept perduto (1933)

Se si parla di design non si può considerare la Scandinavia, che del suo stile ci ha fatto un’icona. E se si parla di design automobilistico scandinavo, l’unico Paese di quella regione da citare è la Svezia, il cui marchio di punta è Volvo. L’azienda svedese pare abbia il merito di aver prodotto la prima concept car della storia, 5 anni prima della Buick Y-Job, considerata per anni la prima vettura di questo tipo.

Si chiamava Volvo Venus Bilo, e fu presentata nel 1933 come “banco di prova” dell’azienda che voleva spostarsi verso un design più aerodinamico. In effetti le forme e la linea sono molto particolari, ben levigate, sviluppate in larghezza e con anche delle soluzioni stilistiche di tutto rispetto, quali i fari grandi incastonati nei parafanghi e un anteriore sinuoso che come un’onda si protende in avanti, creando un effetto 3D per la griglia anteriore. La Venus Bilo non è mai stata prodotta ma ha però influenzato il design della Volvo Carioca PV36 del 1935. Non si trova nel museo ufficiale di Volvo a Göteborg, in quanto ha avuto il triste destino di finire nelle mani di un proprietario di rottami danese, che l’ha convertita in un pick-up usandola come veicolo da lavoro. Non si hanno più tracce di lei da prima della fine degli anni Cinquanta, e si ritiene che quindi andò distrutta.

Piccola curiosità: sapevi che il nome del marchio svedese, Volvo, è latino? Viene infatti dal verbo latino volvere, che significa “muoversi, spostarsi”.

[titolo_sezione]Chevrolet AeroVette[/titolo_sezione]

Concept car da sogno: Chevrolette AeroVette (1976)

La nuova generazione, l’ottava, della Chevrolet Corvette, è equipaggiata con motore centrale, ovvero il primo modello della fortunata vettura americana a porre ufficialmente il motore dietro i passeggeri su un’auto di serie. Ma in realtà, Chevrolet è tornata su quest’idea molto spesso nel corso della sua storia. Nel 1973 presentò infatti una coupé sperinentale inizialmente chiamata Corvette 4-Rotor, e poi ribattezzata in AeroVette in onore della sua forma decisamente originale – ma non nuova, se pensiamo all’Alfa Romeo Disco Volante, presentata vent’anni prima – le cui forme squadrate, il colore grigio chiaro metallizzato, l’abitacolo tondo e quasi privo di montanti ricordavano effettivamente un’astronave, o una navicella spaziale.

Naturalmente, erano presenti anche gli immancabili fari a scomparsa, rimossi solo nelle Corvette di ultima generazione. La AeroVette era quasi stata approvata per la produzione, ma Chevrolet cambiò di nuovo idea abbandonando il progetto di un’auto a motore centrale.

[titolo_sezione]Subaru F-624 Extreme[/titolo_sezione]

Concept car da sogno: Subaru F-624 Extreme (1987)

Quando si parla di concept car e design innovativi, i giapponesi non mancano mai. Tra i tantissimi modelli che hanno fatto parlare di sé – nel bene e nel male – ho pensato di segnalare questa berlina concept presentata alla fine degli anni Ottanta, le cui forme morbide e tondeggianti in realtà anticipavano gli anni Novanta e anzi hanno dato poi vita a una berlina di serie lanciata dal marchio nipponico nel 2000.

Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una vettura le cui linee ricordano quelle di una navicella. Questo per via di un abitacolo estremamente luminoso, essendo fatto interamente di vetro salvo i comunque sottili montanti anteriori e posteriori. Ma per il resto, il parabrezza, i finestrini laterali e il lunotto sono molto grandi, e persino il tetto è completamente in vetro, composto di 4 pannelli divisi dal telaio strutturale. A completare l’aspetto di un’astronave c’è il resto della carrozzeria, sottile e longilinea, con cofano allungato e posteriore corto. Il futurismo è infine sottolineato dai larghissimi fari anteriori che paiono a LED e che sembrano molto luminosi.

Il design nascondeva un cambio CVT, trazione integrale, sterzo su tutte e 4 le ruote e addirittura una retrocamera.

[titolo_sezione]Honda Urban EV[/titolo_sezione]

Concept car da sogno: Honda Urban EV (2017)

Rimaniamo in Giappone, ma facciamo un salto temporale di 30 anni per parlare di un concept recente ma molto apprezzato: l’Urban EV, ovvero il modello che ha dato poi vita alla nuova Honda E. Effettivamente la somiglianza è tanta, ma non si tratta di una di quelle concept che era un’auto di serie con qualche abbellimento. Si tratta di un’auto di serie con un design originale, che poco ha cambiato del concept da cui deriva.

La Honda Urban EV più della versione di serie vuole evidenziare la sua unione di elementi stilistici moderni con elementi vintage, e quindi appare un’auto senza tempo. La mascherina Full LED, le maniglie a scomparsa, i cerchi molto grandi e la linea perfettamente pulita, priva di qualsiasi sbalzo se non di quello dei sottili passaruota, si unisce a una forma della carrozzeria che ricorda le utilitarie degli anni 70, particolarmente squadrate (come la Fiat 126 o 127). L’abitacolo poi appare anche in questo caso molto luminoso, privo di interruzioni se non il curvo montante posteriore.

[titolo_sezione]Lamborghini Terzo Millennio[/titolo_sezione]

Concept car da sogno: Lamborghini Terzo Millennio (2017)

A parte la più recente Fiat Centoventi, di cui si è ampiamente parlato su questa testata, un’altra concept car da sogno (letteralmente) italiana recente che merita menzione è la Lamborghini Terzo Millennio. La casa del toro, del resto, non può mancare in una classifica di concept car, visto che ha costruito la sua fama e la sua reputazione sul suo design sempre molto personale, originale, capace di attirare l’attenzione. La Terzo Millennio naturalmente non fa eccezione, e presenta un design futuristico volto appunto a guardare l’auto di un futuro molto lontano (quello del 3000).

Si esagera, naturalmente – ma quand’è che Lamborghini non lo fa? Il concept, dalla forma tutta orientata in avanti con il cofano anteriore cortissimo, il parabrezza curvo e sviluppati in altezza, e l’abitacolo che anche in questo caso ricorda delle navi spaziali, di quelle che si vedono in Star Wars o in film recenti simili, è alimentato da 4 motori elettrici che generano elettricità da dei supercondensatori che erogano energia molto più velocemente di una batteria tradizionale. Tutto il corpo è fatto di una fibra di carbonio particolare, che assorbe energia elettrica e pare addirittura in grado di ripararsi da solo se rileva delle piccole crepe o piccoli graffi.

Decisamente del futuro!

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