Siamo già nell’era della guida autonoma

Robin Grant
20/01/2023

Siamo già nell’era della guida autonoma

Il 2023 potrebbe essere l’anno definitivo della guida autonoma. Secondo l’ultimo report di IDTechEx, infatti, le tecnologie automatizzate dell’industria dell’auto sono ormai mature, per quanto ancora non sono onnipresenti nel quotidiano.

Lo abbiamo notato anche noi, specialmente per quanto riguarda i robotaxi le cui flotte, nel 2022, sono diventate sempre più ampie e diffuse in Cina e negli Stati Uniti, grazie al lavoro congiunto di società quali Waymo e Cruise e degli stessi produttori come Geely, Stellantis, Tesla e General Motors.

2022: il migliore anno per i radar automobilistici

Partiamo dalla realtà, e da un 2022 che si è rivelato anno eccezionale per i sistemi ADAS e di guida semi-autonoma. All’inizio dell’anno, i veicoli hanno iniziato a essere dotati di radar di imaging 4D di nuova generazione, per un aumento importante delle prestazioni rispetto alla vecchia generazione. Tra le prime vetture con imaging 4D, la BMW iX (qui la nostra prova) con l’ARS450 di Continental; e la Feifan R7, vettura cinese con modello di ZF.

Volvo EX90

Oltre all’imaging 4D, è in arrivo un’altra tecnologia, il LiDAR, da anni indicata come grande svolta, ma per anni troppo costosa. Sono Mercedes Classe S e Volvo EX90 le prime vettura a dotarsi di questo nuovo sistema, con Luminar, usato anche da Polestar sulla 3 e da SAIC. Toyota e Lexus usano Continental e Denso, Audi A8 e alcune Mercedes usano un Valeo, mentre BMW e Volkswagen hanno scelto Innoviz. Ma l’elenco è grande, tanto da rendere il 2023 l’anno del LiDAR.

Curioso che non si tratti di una tecnologia nuova: esiste addirittura dagli anni Sessanta. Le prime versioni erano semplici, e usate nel settore aerospaziale e nella difesa. Ma negli anni, il LiDAR ha acquisito la capacità di misurare angoli e velocità, e di produrre mappe 3D dettagliate. Negli anni 2000, i vantaggi si sono fatti evidenti anche per le auto perché il LiDAR poteva offrire le stesse capacità del radar a una risoluzione più elevata.

I robotaxi in USA tra la scalata di Cruise e il declino di Waymo

Nel 2022 il vero grande traguardo della guida autonoma ha trovato luogo a San Francisco, dove sono iniziati i servizi commerciali dei robotaxi di diverse aziende. Traguardo non facile, e che fa parte di un percorso ricco di ostacoli. La prima è stata Cruise, controllata di GM, che ha iniziato il suo percorso nell’ottobre 2020, mese in cui ottenne dalla motorizzazione della California il primo permesso di prova senza conducente, ovvero di poter far circolare veicoli senza nessuno a bordo.

cruise guida autonoma
SAN FRANCISCO – SEP 26 2015:Buildings in San Francisco downtown. Median rent in the city is more than 1,353.63″u20ac per month. That’s higher than every other major city in the U.S.

Quasi un anno dopo, a giugno 2021, il permesso è stato esteso alla possibilità di offrire corse ai cittadini senza autista a bordo, gratuite per loro. A settembre dello stesso anno, anche Waymo, la società di Alphabet (Google) ha ottenuto il permesso di impiego senza conducente, e infine a giugno 2022 la California Public Utilities Commission ha concesso a Cruise di operare un vero e proprio servizio commerciale.

Ciò significa poter andare a San Francisco e salire su dei Robotaxi per spostarsi, ma all’atto pratico siamo ancora agli albori, e in zone limitate. Infatti, al momento è possibile usare 30 dei 150 veicoli della flotta di Cruise, limitati a 50 km/h e in servizio tra le 22.00 e le 6.00 del mattino. Insomma, una rivoluzione ancora “bloccata”, ma certo un passo importante.

Cruise sembra insomma la società più avanti, e pare che Waymo, in precedenza molto sul pezzo, sia rimasta un po’ indietro. Il motivo potrebbe essere legato all’aumento dei test a San Francisco, che hanno portato diversi problemi; o forse i permessi ottenuti da Cruise sono riusciti a rallentare gli sviluppi di Alphabet, quanto meno nella Bay Area.

Waymo è letteralmente scivolata in classifica, e ha ridotto le prestazioni da 30.000 km per disimpegno a circa 12.000. La sua regressione ha quindi ridotto la media dei primi tre operatori del settore, ma comunque, per quanto rallentata, la società sta valutando la possibilità di implementare il suo servizio a Los Angeles, città più semplice dal punto di vista urbanistico perché ha una rete stradale più favorevole ai robotaxi rispetto a San Francisco.

L’esperienza cinese

L’altro grande protagonista della guida autonoma è la Cina: anche nella Repubblica Popolare i robotaxi autonomi sono sempre più diffusi, con grandi progressi da parte di Baidu, Pony.ai e AutoX, i principali operatori cinesi. I primi due, infatti, conducono test a Pechino e nella Capitale hanno introdotto servizi commerciali di robotaxi, dopo aver ottenuto il permesso dalle autorità.

Rispetto ai permessi totalmente privi di conducente americani, però, i colossi mandarini devono comunque lasciare un supervisore a bordo, seduto sul sedile anteriore del passeggero. Anche in questo caso, i limiti riguardano il numero di auto, gli orari di funzionamento e le aree di svolgimento. Baidu potrà operare con dieci vetture tra le 10.00 e le 16.00, mentre Pony.ai potrà usarne solo quattro tra le 9 e le 17. In entrambi i i casi, l’area è circoscritta a poco meno di 40 kmq.

Pony.ai

AutoX, invece, ha ampliato il suo servizio a Shenzhen per oltre un anno, operando in un’area tre volte pù grande rispetto a quella pechinese, pari a 105 kmq.

Le difficoltà dei roboshuttle e dei robotaxi

La guida autonoma applicata ai servizi di trasporto piace per le possibilità di personalizzazione del servizi. Infatti, chi spinge per un futuro alimentato dai roboshuttle, anche volanti, è che questi piccoli veicoli condivisi saranno in grado di operare in modo più flessibile rispetto a un autobus, con percorsi diversificati e su richiesta. Un mix tra taxi e mobilità condivisa.

Una tecnologia che sembra nuova, ma il cui sviluppo nasce oltre 10 anni fa, quando circolavano su strade isolate e con sistemi di guida incorporati. In quel periodo, erano simili a un treno autonomo molto economico e lento, la cui versione moderna circola dal 2010. Le società pioniere sono EasyMile e Navya, entrambe francesi ed entrambe beneficiarie di un finanziamento di circa 100 milioni di euro da Parigi, e che negli anni hanno fornito 200 veicoli a diverse aziende e agenzie di trasporto.

Il problema, però, è che l’entusiasmo iniziale sembra essere già svanito, e il numero di aziende che stanno lavorando attivamente sui roboshuttle sembra aver raggiunto il suo massimo. Ci sono aziende come Local Motors che hanno chiuso, e altre come Continental e Bosch che presentarono progetti in passato, ma poi non li hanno portato avanti.

La stessa Navya’s è ancora leader del settore, ma le vendite sono in calo dal 2018, certo anche a causa della batteria. Secondo IDTechEx, per quanto ci si aspetti una parziale ripresa, ma il declino continuerà Anche a causa delle normative, perché in diverse regioni un veicolo idoneo alla circolazione stradale necessita di un lunghissimo elenco di caratteristiche e criteri ingegneristici per l’omologazione, tra cui cinture, freni, luci, un numero minimo di ruote, alcune delle quali mancano strutturalmente ai roboshuttle, visto che nascono da zero per essere senza conducente. Per cui mancano volante, comandi a pedale, specchietti retrovisori e tachimetro, e per questo sono impossibilitati all’omologazione.

Solo l’NHTSA ha modificato le norme, prevedendo che i veicoli senza conducente che non trasportano persone non abbiano bisogno di cinture ed airbag. Un progresso, forse, ma per ora molto limitato.

L’interesse per i camion autonomi

Maggiore interesse sembra destato dai camion autonomi, divenuti rapidamente tra le prospettive più appaganti dell’anno. Questo perché ci sono già tutte le condizioni per cui il settore esploda nei prossimi anni. A partire dalla carenza degli autisti in USA, Cina ed Europa a causa dell’invecchiamento della popolazione, che non porta ricambi; crescita dell’e-commerce e necessità di aumentare il trasporto di merci su strada.

C’è poi sovrapposizione tra le capacità dell’attuale tecnologia autonoma odierna e le esigenze dell’ambiente in cui i veicoli opereranno. I primi saranno i centri di distribuzione separati dai tratti di interstatale, cosa che elimina gli scenari più difficili per i veicoli autonomi, pedoni, segnali di stop, e svolte a sinistra non protette.

Il camion autonomo, infine, può può portare a un significativo aumento della produttività. Molti dei viaggi negli USA richiedono diversi giorni per essere completati dai conducenti umani per i limiti di tempo giornalieri di guida, e questo vale ancora di più nei viaggi europei. I veicoli autonomi, naturalmente, non saranno soggetti a questo problema, e questo potenzialmente dimezzerà i tempi di consegna per i viaggi.

Cosa aspettarsi dal 2023

Il 2023 quindi prevede tre tendenze. Primo, l’espansione dei robotaxi: è improbabile che saranno messe in rete molte nuove città, ma in quelle già avviate i servizi cresceranno.

Il trasporto autonomo commerciale, che vedrà nel corso dell’anno le prime tratte commerciali di camion senza conducente. Inizialmente sarà un unico percorso, forse Tucson-Phoenix, ma più rotte potrebbero essere online entro la fine dell’anno.

Infine, un numero alto di veicoli a guida autonoma di livello 3 in Europa, grazie a radar e LiDAR più performanti. Oltre a Volvo e Mercedes, anche BMW e Stellantis lanceranno modelli con questa tecnologia. Inoltre, il Regno Unito e altri paesi europei consentiranno l’uso della guida autonoma di livello 3, seguendo la Germania che finora era il solo paese europeo a consentirlo.

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