Regno Unito, tassa a chilometro e nuove imposte sulle auto elettriche: cosa sta succedendo?

Il Regno Unito si prepara a introdurre una tassa a chilometro per le auto elettriche e nuove imposte sui parcheggi con colonnine di ricarica. Le aziende parlano di stangata sui costi e avvertono: a rischio la transizione elettrica e miliardi di investimenti.

Mini classica elettrica in ricarica
Il Regno Unito sta rivedendo il modo in cui tassa la mobilità. Dal 2028 è prevista una tassa a chilometro per chi guida auto elettriche e, già dal 2026, una nuova imposta sui parcheggi che ospitano colonnine di ricarica. Il risultato rischia di essere semplice da capire anche per chi vive in Italia: costare di più guidare elettrico, proprio mentre il governo dice di voler accelerare la transizione.

Per chi guarda da fuori, la situazione nel Regno Unito può sembrare contraddittoria: da un lato incentivi e contributi per spingere l’auto elettrica, dall’altro nuove tasse che vanno a colpire proprio chi ha già scelto di abbandonare benzina e diesel. In realtà, la questione è molto concreta: con la crescita delle auto elettriche, le casse pubbliche incassano meno dalle accise sui carburanti e il governo sta cercando un modo per sostituire quel gettito. Non si tratta di idee nuove, ne avevamo già parlato lo scorso anno, ed anche per il caso delle tasse in Svizzera.

Il problema è che il pacchetto di misure messo sul tavolo rischia di rendere più cara sia la circolazione delle auto elettriche sia la ricarica pubblica, in un momento in cui il mercato non è ancora maturo. Aziende e associazioni del settore parlano di investimenti congelati, costi in aumento e un messaggio poco chiaro per chi dovrebbe fare il passo verso l’elettrico nei prossimi anni.

La tassa a chilometro: 3 penny per miglio dal 2028

La misura più discussa è la tassa a chilometro, la cosiddetta pay-per-mile. L’idea è semplice: dal 2028 chi guida un’auto elettrica dovrà pagare 3 penny per ogni miglio percorso, circa 3 centesimi di euro per chilometro. Su base annua, per un automobilista che percorre 10.000–12.000 chilometri, significa una spesa aggiuntiva attorno alle 250 sterline.

Oggi, un conducente di auto a benzina paga allo Stato inglese in media circa 600 sterline l’anno in accise sui carburanti. Per chi guida elettrico questa voce è praticamente azzerata. Da qui la decisione di introdurre una forma di “pedaggio chilometrico” dedicato alle auto elettriche, presentato come un modo per rendere più “equa” la tassazione tra chi usa ancora carburanti fossili e chi no.

Il problema, sottolineano le associazioni, è il momento scelto. Il mercato britannico dell’elettrico è in crescita, ma non è esploso. Nel 2025 le auto completamente elettriche rappresentano circa il 25% delle nuove immatricolazioni, mentre nel mercato dell’usato arrivano al 4% delle vendite. La stragrande maggioranza delle auto in circolazione è ancora a benzina o diesel.

Secondo la Society of Motor Manufacturers and Traders (SMMT), introdurre una tassa a chilometro adesso rischia di scoraggiare sia chi sta valutando il passaggio all’elettrico sia chi sta comprando un’auto usata a batterie. L’associazione parla apertamente di «forte deterrente per la diffusione dell’elettrico», sottolineando che il mercato dell’usato è cruciale per rendere accessibile la tecnologia anche a chi non può permettersi un’auto nuova.

Alcuni operatori del settore ricordano anche l’esempio della Nuova Zelanda: quando il governo ha annunciato una misura simile, le vendite di auto elettriche hanno registrato un calo netto nel giro di pochi mesi. Il timore è che lo stesso copione possa ripetersi nel Regno Unito.

Tasse sui parcheggi con colonnine: il nodo dei “business rates”

La seconda misura riguarda i luoghi in cui si ricaricano le auto elettriche. Le colonnine in sé, considerate infrastrutture per l’energia, restano esenti da imposte. Ma dal 2026 cambiano le regole per i parcheggi in cui sono installate: la Valuation Office Authority (VOA), l’ente che valuta gli immobili ai fini fiscali, ha deciso che gli stalli di sosta con punti di ricarica diventeranno soggetti a “business rates”, una tassa locale applicata alle attività commerciali.

La percentuale fissata è del 49,9% del valore imponibile dell’area. Una voce che fino a oggi non esisteva e che verrà anche applicata retroattivamente dal 2023. Secondo i calcoli dell’amministrazione, la misura potrebbe valere circa 25 milioni di sterline l’anno. Chi lavora nel settore è convinto che la cifra reale possa essere quattro volte più alta, con un effetto diretto sulle tariffe pagate dagli utenti.

Nove operatori della ricarica pubblica – tra cui Osprey, Gridserve e Source EVhanno scritto al Tesoro chiedendo di fermare la misura. Nella lettera avvertono che la tassa sui parcheggi con colonnine potrebbe tradursi in un rincaro di fino a 300 sterline all’anno per i clienti che usano spesso la ricarica pubblica, e soprattutto congelare circa 8 miliardi di sterline di investimenti in nuove infrastrutture.

Il ragionamento è semplice: la maggior parte delle reti di ricarica oggi è ancora in perdita. Gli operatori investono sapendo che i profitti arriveranno solo quando le auto elettriche diventeranno davvero la norma. Aggiungere una tassa fissa sui parcheggi significa aumentare i costi fissi proprio in questa fase e rende più difficile convincere gli investitori a finanziare nuovi punti di ricarica.

Un mercato che cresce, ma non abbastanza

I numeri mostrano una crescita, ma non sufficiente per dire che l’elettrico sia diventato la nuova normalità. Nel nuovo, le auto puramente elettriche rappresentano poco più di un quarto delle immatricolazioni; nell’usato, appena un ventesimo. Nel frattempo, benzina e diesel restano dominanti, con quasi il 90% del mercato dell’usato e oltre l’80% di quello complessivo.

Nonostante questo, il Regno Unito si è dato obiettivi molto ambiziosi: il cosiddetto “zero-emission vehicle mandate” obbliga i costruttori a garantire che una quota crescente delle vendite sia composta da auto elettriche, fino ad arrivare all’80% entro il 2030. Chi non rispetta i target rischia multe pesanti. Il rischio denunciato dall’industria è evidente: da un lato lo Stato impone quote minime di vendita, dall’altro introduce tasse che rendono meno attraente la scelta dell’elettrico.

Perché lo fanno: il nodo del gettito fiscale

Al centro di tutto c’è una domanda che prima o poi toccherà anche l’Italia: come si finanziano strade e servizi pubblici quando sempre meno persone fanno benzina? Oggi una parte consistente del bilancio britannico arriva dalle accise sui carburanti. Man mano che il parco circolante diventa elettrico, quelle entrate si riducono. Qualcosa di simile vale per le tasse auto tradizionali e per l’IVA sui carburanti.

La tassa a chilometro e i “business rates” sui parcheggi con colonnine sono la risposta che Londra sta sperimentando. Alcuni esperti fanno notare che questa discussione sarebbe dovuta partire anni fa, con un disegno complessivo più chiaro: incentivi all’acquisto, vantaggi fiscali su certe voci, ma anche un sistema dichiarato in anticipo per sostituire il gettito perso. Invece il messaggio che arriva oggi ai cittadini britannici è diverso: prima li si invita a passare all’elettrico con contributi e agevolazioni, poi si annuncia che fra pochi anni pagheranno una tassa dedicata a ogni chilometro percorso.

Cosa significa per gli italiani

Per chi vive in Italia, questa vicenda non è un dettaglio di cronaca estera. Tutti i Paesi europei si troveranno a breve con lo stesso problema: meno benzina venduta significa meno entrate per lo Stato. In Italia, le accise sui carburanti e l’IVA associata valgono decine di miliardi di euro ogni anno. Se la quota di auto elettriche continuerà a crescere, anche il nostro fisco dovrà decidere come compensare questa riduzione.

Il Regno Unito, nel bene e nel male, sta facendo da test. Se le misure porteranno davvero a un calo della domanda di auto elettriche e a un rallentamento degli investimenti in infrastrutture, sarà difficile per altri governi ignorare il segnale. Se invece la tassa a chilometro e le imposte sui parcheggi verranno assorbite dal mercato senza frenare la transizione, è probabile che proposte simili arrivino anche altrove.

Domande frequenti 

Che cos’è la tassa a chilometro che il Regno Unito vuole introdurre?

È un prelievo che dal 2028 colpirà chi guida auto elettriche: circa 3 penny per ogni miglio percorso, cioè poco più di 3 centesimi di euro al chilometro. L’obiettivo è sostituire in parte le accise sui carburanti che lo Stato non incassa più.

Perché i parcheggi con colonnine vengono tassati?

Finora le colonnine erano esenti dalle imposte sugli immobili commerciali. La Valuation Office Authority ha deciso che le aree di sosta in cui sono installate verranno considerate “rateabili”: i gestori dovranno pagare una tassa pari al 49,9% del valore imponibile di quei parcheggi.

Quanto aumenteranno i costi per chi ricarica l’auto in pubblico?

Gli operatori stimano che, tra tassa a chilometro e nuove imposte sui parcheggi con colonnine, un utilizzatore abituale di ricarica pubblica potrebbe pagare alcune centinaia di sterline in più all’anno. Le aziende parlano di circa 300 sterline di rincaro potenziale sui soli costi di ricarica.

Perché le aziende parlano di investimenti a rischio?

Perché la maggior parte delle reti di ricarica è ancora in perdita e si regge su piani di lungo periodo. Aggiungere una tassa fissa sui parcheggi e un clima di incertezza fiscale rende più complesso convincere gli investitori a finanziare nuove stazioni. Nella lettera al Tesoro, nove operatori stimano circa 8 miliardi di sterline di investimenti a rischio.

È possibile che misure simili arrivino anche in Italia?

Non c’è nulla di deciso, ma la direzione del dibattito è la stessa ovunque: man mano che le auto elettriche aumentano, i governi devono trovare nuove forme di tassazione per sostituire le entrate legate ai carburanti. Il caso britannico viene osservato con attenzione proprio per capire quali effetti concreti possano avere misure di questo tipo.

Fonti: The Telegraph, SMMT, RAC Foundation. Ultimo aggiornamento: 11 novembre 2025.

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