Il bando dei motori termici previsto per il 2035 divide i vertici europei. Durante il vertice di Bruxelles del 23 ottobre, Giorgia Meloni e Friedrich Merz hanno espresso l’intenzione di rivedere la misura, approvata in precedenza dall’Unione Europea. Merz, in particolare, ha promesso di fare “tutto il possibile” per convincere gli altri leader.
La proposta ha trovato l’opposizione di Francia e Spagna, che hanno confermato il loro sostegno al divieto e chiesto di non estendere il supporto ai veicoli ibridi plug-in oltre il 2035, sottolineando come le case automobilistiche europee abbiano già investito miliardi nella transizione elettrica.
Gli esperti: il problema non è il 2035
Secondo un gruppo di esperti del Jacques Delors Centre e del Centre for European Reform, come riporta Euobserver, il dibattito sul bando rischia di distrarre dai veri problemi che affliggono oggi il settore automobilistico europeo. Nils Redeker, insieme a Sander Tordoir e Lucas Guttenberg, indica che l’industria sta affrontando una crisi strutturale, aggravata da esportazioni cinesi in forte crescita, dazi statunitensi sempre più alti e una domanda interna ancora inferiore del 20% rispetto ai livelli pre-pandemici.
“Continuare a discutere del bando 2035 – scrivono – significa rischiare un disastro nella politica industriale europea.” L’automotive dà lavoro a oltre 13 milioni di persone e rappresenta la quota più alta di investimenti privati in ricerca e sviluppo in Europa.
Più che rivedere le regole, il rapporto propone un’azione concreta: coordinare gli incentivi alla domanda. L’idea centrale è quella di estendere a livello europeo il cosiddetto eco-bonus francese, che sovvenziona solo le auto elettriche prodotte in catene di fornitura a basse emissioni, escludendo di fatto la produzione cinese.
Un’applicazione a livello europeo di questo schema permetterebbe di stimolare la domanda interna senza violare le regole del commercio internazionale. Per funzionare, servirebbe però armonizzare i criteri di ammissibilità nei diversi paesi dell’UE e limitare i sussidi a veicoli realizzati in Europa o in paesi partner come Norvegia e Giappone.
Serve una politica industriale coordinata
Secondo il rapporto, gli attuali schemi di supporto ai veicoli elettrici sono “completamente disallineati” tra i vari Stati membri. Un coordinamento tra Germania, Francia, Spagna e Italia, che rappresentano il 70% delle immatricolazioni europee, potrebbe generare la massa critica necessaria per rilanciare la domanda interna.
In particolare, il report propone che gli incentivi non si limitino alle famiglie, ma si estendano anche alle flotte aziendali, che rappresentano oltre il 60% delle nuove immatricolazioni in Europa. Un punto essenziale per supportare la produzione di veicoli elettrici, soprattutto nei segmenti premium dove le aziende tedesche sono più forti.
Gli autori del rapporto concludono che “le auto del futuro saranno elettriche, non per obbligo normativo, ma perché diventeranno più economiche”. Ma perché questo accada in Europa, è fondamentale che le case automobilistiche si concentrino su modelli di qualità, accessibili e sostenibili, supportati da politiche pubbliche coerenti.
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